Dal Connemara verso nord...



Il Connemara...






Prima di addentrarmi nel Connemara mi piacerebbe descrivere due "confini invisibili" di cui ho visto l'esistenza. "I confini invisibili" era una bellissima rubrica di un giornale che leggevo "da giovane", tracciava nelle cartine geografiche dei confini non marcati che riguardavano vari aspetti della vita di una popolazione. I confini invisibili che ho trovato in Irlanda sono:
1) Il primo è costituito da una linea retta che attraversa l’Irlanda da est ad ovest , quasi parallela all'Equatore e riguarda il turismo che si sposta sull'isola. Questa linea passa qualche chilometro a nord di Dublino e qualche chilometro a nord di Galway; a sud di questo pseudo-parallelo si muovono orde di turisti all'assalto del Kerry, delle isole Aaran, della Capitale ed i tanti paesi che per diversi aspetti si distinguono. 
A nord di questo limite i turisti non sembrano esistere, magari fatti scomparire da fate ed elfi, magari nascosti dietro ogni cespuglio per preservare l’intimità di una regione timida, ma esuberante per la violenza degli scenari che propone.



2) Un altro confine invisibile che ho individuato, questo molto più tangibile e molto più frivolo, è quello della distribuzione della birra nera sul territorio.
Questo prodotto che inorgoglisce l’Irlanda in tutto il mondo ha, in patria, un consumo febbrile, quasi che la pinta bevuta sia la penultima disponibile su tutta la terra e prima della sua fine l’oste ne prepara già un'altra piena.
Nei paesi anglosassoni (come in pochi altri) la birra è uno stile di vita, in nessun altro posto come in Irlanda e Gran Bretagna (compresi, cioè, Galles e Scozia oltre l’Inghilterra) la birra è consumata in quantità non proprie di una bevanda alcolica.
Tornando ai confini invisibili dicevo di quello tra birre scure, questo passa diversi chilometri più a sud del limite descritto per i turisti. Buoni tre quarti dell’isola sono di “proprietà” Guinness. E come potrebbe essere altrimenti? Esattamente la zona che va da Limerik fino a Kilkenny. La restante porzione di isola sotto questa linea immaginaria è territorio Murphy’s. Le due birre, ad un palato inesperto, possono sembrare uguali, almeno poco diverse.
Io, personalmente, preferisco la Guinness; più secca, più vicina al sapore della liquirizia. La Murphy’s, di suo, è più vellutata e di sapore simile a prugne-caffèlatte. Gusti personali.
Connemara
E’ verissimo il detto, a proposito della Guinness (visto che è esportata in tutto il mondo) che il sapore cambia già una volta attraversato il mare. Oltre il mare la Guinness non è più Guinness.  I Dublinesi prendono troppo alla lettera il detto e consumano Guinness non appena “sfornata” dallo stabilimento, che si trova nel centro della capitale (ne parlerò  in seguito). Sottigliezze da intenditori ed io, modestamente, non lo sono; questo mi permette di gustare Guinness sia di qua che di là dal mare.
Connemara













Ed ora, finalmente, il Connemara, la terra dei Druidi e dei riti ancestrali. La terra dei laghi dai quali prende forma la magia celtica.


Il Connemara è un susseguirsi di acqua, montagne spigolose e a punta, campi sterminati e giacimenti di torba. Un territorio frastagliato sia sulle coste che nell’entroterra. Un susseguirsi di piccole valli fluviali e il continuo specchiarsi di boschi nell’acqua scura degli specchi d’acqua.













Il Connemara è soprattutto il regno dell’acqua, del vento e del silenzio. Un regno magico, luogo d’origine naturale  di maghi e folletti, di fate e druidi.

Il regno dei laghi scuri di torba rispecchia alla perfezione le imperfezioni del cielo tingendosi di grigio, nero o facendosi bucare da squarci di luce che improvvisamente si aprono in questo bassissimo cielo irlandese.
La piccola regione del Connemara si estende dal confine tra la contea di Galway e la parte meridionale del Mayo, siamo in pieno Connaght irlandese. Questa è la regione centro-occidentale  delle quattro in cui è divisa l’Irlanda, tra Munster al sud, Leinster nella zona centro-orientale di Dublino, e Oister che comprende l’Irlanda del Nord.

In pochi chilometri quadrati c’è spazio per un parco nazionale, il Connemara National Park (non poteva essere altrimenti), una bellissima catena montuosa, quella dei “Twelve pins”, ossia dodici piccole ossute montagne che si affacciano su un' infinità di laghi e qualche piccolo paese caratteristico.













Il centro più grande è il paesetto di Clifden, famoso in Irlanda per due maestose cattedrali che si fronteggiano nel centro “storico” del paese. Di storico, però questo Connemara non offre altro che la natura, una maestosa Natura che domina ogni sguardo, che si perde nei pensieri e riempie il cervello di questo luogo incantato. E’ veramente difficile risalire in macchina e dover ripartire; ma anche il Connemara mi strappa la promessa di farmi tornare.






Proseguendo verso Nord si arriva nel punto di maggior interesse da parte della comunità cattolica irlandese, la montagna sacra dove San Patrizio (patrono d’Irlanda) si ritirò in meditazione.
La storia di San Patrizio inizia abbastanza tragicamente con la deportazione dalla natia Inghilterra da parte di pirati che rivendevano il bottino umano ai celti per farne degli schiavi. Il giovane visse diversi anni come schiavo ed infine riuscì a fuggire per tornare in patria. Il santo proveniva da una famiglia cattolica e lui stesso assunse l’incarico di tornare in Irlanda per iniziare la conversione delle tribù celtiche al cristianesimo.
La storia, oggi, rende evidente il suo successo nell’intento e la collina di Croagh Patrick è diventata il luogo di culto per antonomasia dei credenti cattolici.
Al di là della fede religiosa, il luogo conserva un fascino particolare, oltre la suggestione fideista, il luogo non lascia indifferenti neanche dall’impatto visivo di cui dispone.
Immagino la vista dal colle verso la baia, io non ho risalito il sentiero fino alla sommità, ma migliaia di fedeli lo fanno ogni 17 marzo in onore al santo; io mi sono limitato a contemplarlo dal basso e da diverse angolazioni, non tanto per la fede nel santo ma perché, probabilmente, la giornata limpida è stata di aiuto, ma Croagh Patrick costituiva un panorama, al solito, eccezionale.
Aggirare in macchina la baia lasciava il colle sacro sempre come punto di riferimento, come un' onda di roccia che si abbatte sul mare.

Proseguendo a nord si arriva ad Achill Island, il richiamo ad una canzone dei Led Zeppelin è immediato anche se non so se l’isola sia servita da ispirazione all’omonima canzone. Di fatto l’isola è diventata una penisola da quando un ponte ne consente l’accesso senza doversi imbarcare su un qualche traghetto.

L’isola è affollata di turisti irlandesi in cerca di spiagge balneabili, e qui ce ne sono; resta da capire se la temperatura dell’acqua consenta o meno di fare il bagno.
L’isola non è affatto affollata, ma la gente in giro è abbastanza per riempire le poche strutture che stanno sull’isola; un signore intraprendente si fa avanti proponendo l’affitto di una stanza in una casa privata, perché no?
Anche qui un ristorante/pub/sala da ballo propone serate movimentate ed i sedili imbottiti da saloon rendono l’atmosfera esotica per qualunque irlandese.
Di mio, già esotica lo sembrava prima di entrare. La Guinness che mi portano al tavolo porta “ricamato” sull’abbondante schiuma bianca un trifoglio, simbolo d’Irlanda. Il messaggio è proprio quello: <<Siamo in Irlanda>>.




Questa zona, come il ‘Rosses’ subito a nord, sono gli ultimi, o almeno, i pochi baluardi rimasti della lingua celtica. Questo idioma ormai in disuso, soppiantato dall’inglese, si sta estinguendo e in queste terre, le più lontane dagli invasori anglosassoni, si tramandano ancora lingua e tradizioni come tesori inestimabili che realmente sono.








Prima di arrivare a Sligo, patria del famoso poeta irlandese Yeats, c’è un sito celtico su cui porre lo sguardo. Questo paese, dall’alto di una scogliera a picco sull’oceano, è rimasto difeso dalle invasioni ed è arrivato ai giorni nostri. Si tratta di pochi muri di abitazioni che rendono l’idea del piccolo paese che costituivano. Al solito il panorama è mozzafiato tanto da credere che i resti siano di un paese di villeggiatura celtico, ammesso che i celti si potessero permettere delle vacanze.
Sligo è un piccolo paese che, come in tutta l’Irlanda, si presenta con casette colorate. L’intorno del paese è formato da boschi e laghi che rendono verosimile la grande ispirazione del poeta originario di qui.
Risalire ancora verso nord non fa che regalare panorami, scogliere appuntite e paesi caratteristici; non c’è niente di nuovo in questa parte d’Irlanda, mentre il paesaggio, seppur sempre sorprendente, è sempre diverso.

Bella la baia su cui si affaccia Tullaghan ma “niente” di più.













Donegal è interessante per il castello storico che sorge nel centro della città e per la piazzetta triangolare che costituisce il fulcro del paese. Ricordo bene questa piazza perché un negozio vendeva cappelli in lana bellissimi e relativamente a buon mercato, non ne ho approfittato.








Il castello non è maestoso, enorme, ma gli interni (spero originali) rendono l’idea di come fosse la vita “di corte”.





Fuori il paese di Donegal ci sono le scogliere più alte d’Irlanda, Slieve League; vi si arriva a piedi e la passeggiata è piacevolissima. Il solito trionfo di panorami, colori, acqua e vento. La scogliera cade repentinamente in mare e il sole che la illumina ne fa risaltare tutta l’imponenza.
Sulla strada per la punta più settentrionale d’Irlanda si attraversano paesi con i tipici cottage irlandesi, tra questi Ardara; difficile pensare che siano un' attrazione per i pochi turisti che arrivano fin qui, più bello pensare che qui la vita sia rimasta la stessa di inizio secolo.



Prima di riscendere verso Dublino, c’è un altro parco nazionale degno di nota, il Derryveagh National Park sotto la misteriosa cima di Errigal Mountain.

Dopo un acquazzone improvviso, la cima della montagna appare coperta da una cappa di nebbia, vi aderisce come un guanto e rende l’aspetto della scura montagna tetro e inquietante.
Il B&B al disotto è molto accogliente e l’assenza di altri ospiti mi permette, per una giornata, di diventare il padrone di casa, con tanto di chiavi.
Il parco è silenzioso ed il lago sotto l’alloggio dà un senso di quiete assoluta; né un rumore, né il vento se non uccelli e grilli turbano la quiete.

Il giorno dopo visitiamo il parco, molto bello  il castello che ne è il punto di partenza ed il fulcro. Immensi i giardini con una vegetazione rigogliosa in netto contrasto con le cime circostanti quasi spoglie.


E su, ancora verso nord, verso la punta estrema d’Irlanda, su verso Malin Head. La fine della terra la si può immaginare una zona burrascosa, la fine di tutto, ma così non è. Placide le acque sotto il cielo plumbeo e un cespuglio di margherite si accende improvvisamente ad un raggio di sole rasente la superficie del mare.
Malin Head, più che una fine, sembra solo un inizio, o, almeno, un altro posto dove poter ricominciare. Lontano da tutto, questo sì, ma senza il tempo che ticchetta dietro le spalle.
Alla base della penisola di Malin Head, nascosta in una baia, c’è Londonderry; il nome deriva dalla dominazione inglese, ma la città è conosciuta come Derry. Il confine tra Irlanda e Regno Unito è superato da una manciata di chilometri e la curiosità che ha portato qui la mia macchina è dovuta ai fatti di sangue di cui Derry è stata teatro.

Impertinenza fatale tanto che il tempo ha prontamente fatto sentire le sue ragioni. Milioni di gocce, milioni di lacrime versate per colpa del terrorismo, milioni di lacrime versate per l’oppressione e la repressione subite da un popolo ai danni di un tiranno. Dove stia il confine tra tirannia dei popoli o dei sovrani non sta a me dirlo.
Fatto sta che milioni di gocce di pioggia hanno annegato la mia sfacciataggine di volere entrare nella dolorosa storia recente di un popolo. Parcheggiata la macchina in un centro commerciale non sono riuscito a fare più di 30 metri poiché la strada era sbarrata da 40 centimetri di pioggia che allagava le strade. Acqua talmente furiosa che scendeva giù da una collina ed aveva trasformato un trafficato incrocio in un lago.
Non c’è stata soluzione che risalire in macchina ed andarmene, onorando la volontà di chi non ha voluto essere disturbato se non dalla pioggia, se non dall’acqua.


Proverbi irlandesi.
  • Ceileann searc ainimh 's locht.
L'amore è cieco.
  • Is maith í comhairle an droch-chomhairligh.
È buono il consiglio di un cattivo consigliere.
  • May you be in heaven half an hour before the devil knows you're dead.
Che tu possa arrivare in paradiso mezz'ora prima che il diavolo si accorga che sei morto.
  • Everyone is nice till the cow gets into the garden.
Tutto è piacevole finché la mucca non entra nel tuo giardino.
  • Diffidate di chi non ama i gatti.
  • La morte è per il povero il miglior medico.
  • Le due migliori cure che ci siano sono una bella risata e una lunga dormita.
  • L'alcol è la piaga della terra. Ti fa litigare con il tuo vicino. Ti fa sparare al tuo signore, ma senza colpirlo.




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